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Zuckerberg cambia algoritmo e le aziende tremano

Facebook privilegerà gli amici alle pagine e sarà la rivincita del marketing emozionale.

Lo ha annunciato proprio Mark Zuckerberg sul suo profilo FB: l’algoritmo del social network più famoso e diffuso al mondo sta per cambiare.

Come?
I social media manager di tutto il mondo già tremano. Pare infatti che il fondatore di Facebook auspichi un “ritorno al passato”, un passato recente, si intende. Quello in cui si usava il social solo per l’interazione tra utenti e non per la condivisione di contenuti pubblicitari o di informazione.

Quando Facebook è sbarcato in Italia, cioè circa una quindicina di anni fa, le persone non conoscevano ancora le potenzialità dello strumento. Lo si utilizzava per mantenere i contatti con amici conosciuti in vacanza o parenti lontani, per sentirli vicini. Ora la sua natura è molto diversa, così come la sua potenza, la sua capacità di veicolare informazioni, giuste o scorrette che siano, e di raccogliere informazioni sugli utenti.

Una nobile intenzione?
Sembra che il papà di Facebook voglia restituire alla sua creatura quelle nobili intenzioni che negli anni ha smarrito, almeno in parte.

Quindi il nuovo algoritmo favorirà i post degli amici piuttosto che delle pagine. Meno news e contenuti di marketing a favore di foto private, contenuti intimi e personali.

Ma attenzione. Ci sarà ancora spazio per le pagine, purché godano di una buona interazione con il pubblico. Uno degli obiettivi del rinnovamento, infatti, è ottenere un social network sempre più attivo e frenare la fruizione passiva dei contenuti delle pagine, sponsorizzati o meno.

Chi sopravviverà quindi a questa ecatombe?
Difficile dirlo. Sicuramente chi ha puntato sul consolidamento del rapporto con gli utenti e di una connessione empatica è un passo avanti agli altri. Al contrario, chi si è limitato a sponsorizzare post spiccatamente commerciali o a usare la propria pagina come si usa la vetrina di un negozio, avrà molte difficoltà a cambiare rotta velocemente. Coloro che sembrano trarre vantaggio da questo cambio di rotta sono le personalità che sfruttano la propria riconoscibilità per fare business. Penso a tutti quei lavoratori che vendono se stessi come liberi professionisti e hanno un buon seguito sui social network, sfruttando proprio il profilo personale. I cosiddetti influencer che hanno centinaia di like e condivisioni saranno privilegiati dal nuovo algoritmo, poiché non immediatamente bollati come “brand”.

In realtà la logica premiante per le interazione varrà anche per le stesse pagine aziendali. Per questo sarà il momento di raccogliere ciò che si è seminato con il marketing emozionale e la filosofia “Ceres”, per intenderci.

Si tratterà di un’epica rivincita su chi bollava come inutili le campagne social non finalizzate direttamente alla vendita, ma piuttosto alla creazione di una community, di un legame con l’utente e possibile cliente. Una logica che adesso probabilmente darà i suoi frutti.

Questa innovazione, quindi, potrebbe rendere quasi tutti contenti:

  • gli utenti, che vedranno sul proprio newsfeed solo post a cui sono davvero interessati o che reputano coinvolgenti in qualche modo;
  • le aziende e le agenzie di comunicazione, che da tempo hanno capito che Facebook non è un canale di vendita diretto ma un luogo dove acquisire la credibilità e la simpatia di chi è o potrebbe diventare cliente, scegliendo te su un competitor al momento dell’acquisto.

Unici scontenti? I fanatici del marketing duro e crudo, generico e senza stile o profilazione. Chi non ha ancora capito che mostrare la merce non basta più: questa è l’epoca dello storytelling aziendale.

Voi lo avevate già capito?

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Come utilizzare i social per trovare Lead

Si definiscono “lead” i potenziali clienti che mostrano un certo interesse nei confronti del brand, dei prodotti o dei servizi di un’azienda.

Si tratta di contatti che, ad esempio, si sono iscritti alla newsletter, hanno scaricato un contenuto o hanno contattato telefonicamente o per email l’azienda in questione.

Uno dei principali vantaggi di utilizzare i social media per generare lead è la possibilità di concentrarsi su profili altamente qualificati, grazie al targeting avanzato: i social media permettono, infatti, di entrare in contatto con un pubblico molto vasto e con una miriade di informazioni volontariamente condivise.

Allo stesso tempo, uno degli errori più facili da commettere è cercare i contatti sul social network sbagliato: una lead generation ideale necessita, prima di tutto, di conoscere il proprio target, le sue abitudini e le sue esigenze.

Vista la maggioranza di utenti è facile pensare che Facebook possa essere la scelta migliore, ma non è sempre vero: circa la metà delle aziende che operano in ambito B2B, infatti, genera nuovi lead attraverso Linkedin, meno del 40% usa Facebook e appena il 30% Twitter.

Un altro aspetto fondamentale è il tipo di lead che si vuole ottenere, perché è in funzione di questa scelta che si studia la strategia, che solitamente prevede due fasi: creazione di contenuti in grado di intrattenere e interessare gli utenti e condivisione degli stessi su altre piattaforme (altri social network, blog, siti web).

Quando si parla di Lead è importante comprendere che non si tratta di un guadagno facile né tanto meno immediato. Il percorso che porta i Lead a essere Clienti richiede un investimento di tempo definito “nurturing”, cioè nutrimento. I Lead sono le sementi che piantiamo in quantità; sappiamo che dobbiamo prenderci cura di ogni seme, innaffiandolo regolarmente e concimando il terreno con la consapevolezza che solo alcuni daranno vita a una pianta.

Ma come si nutrono i lead?

Con contenuti validi e interessanti.

Può sembrare una perdita di tempo o un investimento sproporzionato ma, studiando bene il target di riferimento, la Lead generation può creare un bacino di utenti/clienti più che solido, che contribuirà direttamente al benessere aziendale o aiuterà ad ampliare ulteriormente reputation e contatti attraverso il passaparola digitale.

Feed your lead!

Per concludere, vi lascio con una domanda che mi sono posto spesso, di recente: “Di che colore è il vostro Brand?”

Un colore è identificativo e la risposta a questa domanda non è mai definitiva al 100%. Provate a rifletterci, individuate l’essenza del vostro brand, datele un colore. Sceglietelo d’impulso e accostatelo alla vostra filosofia, al vostro metodo, al vostro rapporto con il brand.

Vi verrà spontaneo, a un certo punto, chiedere di più.

Il colore scelto d’istinto non è definito, ha in sé milioni di sfumature. Ed è solo con uno studio approfondito che si scova la gradazione capace di rispecchiare al 100% la vostra Brand Essence.

Se il vostro istinto vi porta verso un giallo, per intenderci, in un secondo momento vi verrà da chiedervi se quel giallo sia giallo ambra, crema o giallo limone. È questo il percorso che vi invitiamo a fare, con noi al vostro fianco. Saremo in grado di guidarvi, mostrarvi ogni possibile gradazione, lasciando comunque che siate voi a trovare la vostra.

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Essere o non essere? No, il problema è l’essence

Il brand è ciò che il cliente percepisce, un insieme di sensazioni e di emozioni che rappresentano la reputazione dell’impresa. Per definizione, prende posizione su uno specifico modo di essere e di pensare, acquista caratteristiche quasi umane – e infatti parliamo di anima, essenza – e, come gli umani, ha la possibilità di evolvere nel tempo.

Il brand necessita di un nome giusto, un nome che coinvolga il pubblico, facile da pronunciare e che tenga fede al mercato di riferimento, e di un logo che non sia banalmente descrittivo ma abbia in sé una capacità evocativa non indifferente.

Per ottenere il massimo dell’efficacia, la brand essence dev’essere:

  • Unica: deve evidenziare ciò che rende il prodotto offerto dall’azienda diverso dai competitor
  • Intangibile: il brand deve suscitare emozioni, qualcosa che non possa essere toccato con mano ma in grado di colpire
  • Ben definita: una o massimo due/tre parole devono bastare per esprimere il core dell’azienda, un messaggio semplice e facile da ricordare che si imprima nella memoria
  • Esperienziale: cattura le emozioni che il cliente prova con l’esperienza del prodotto, e le riporta
  • Significativa: deve avere importanza per il target di riferimento dell’azienda
  • Ripetitiva: la brand essence deve realizzarsi ogni volta che il cliente interagisce con il brand
  • Durevole: non deve mai cambiare nel tempo ma rispettare il patto fatto con i propri clienti
  • Autentica: deve rappresentare onestamente il brand per essere accettato dai consumatori
  • Adattabile: dev’essere in grado di resistere nonostante la possibile crescita del business.

Individuare l’essenza del proprio brand è indispensabile per qualunque impresa e rappresenta il primo passo verso il mondo del marketing: la brand essence rappresenta, infatti, il più grande punto di forza di un’impresa, ciò attorno al quale ruoterà il suo mercato.

Solo dopo aver definito la propria brand essence si può parlare di strategia di marketing o di piano d’azione, di target e di commercio vero e proprio.

Un esempio di come una brand essence ben definita sia un assoluto vantaggio, è certamente quello di Ceres. Ha da qualche anno messo in atto una strategia di real time marketing possibile solo grazie a un’essenza inossidabile e delineata. Ceres è decisa, ironica e dissacrante e così lo è la sua comunicazione.

Solo un brand che conosce alla perfezione il suo target può permettersi di essere irriverente come Ceres senza rischiare di perdere consenso.

Se il brand fosse un albero, la sua essenza sarebbe la linfa, l’attributo più importante che lo distingue dalla concorrenza, la costante tra tutte le categorie di prodotto del brand.

A proposito, da qualche settimana ci gira in testa una domanda:

“Di che colore è la vostra azienda?”.

Rifletteteci e datevi una risposta prima di pancia e poi di testa. Se la risposta non è significativa, sentiamoci, potrebbe essere interessante scoprire come mai il “giallo della pancia” non corrisponde al “blu della testa”.

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La comunicazione 121 su larga scala

Il marketing one to one, la comunicazione 121 di cui si parla tanto oggi, non è altro che l’ennesimo ritorno al passato. Quella nostalgica voglia di vintage che sta invadendo ogni ambito. Un tempo ogni cliente era unico, speciale e prezioso. Quando si ragionava sulle persone piuttosto che sugli utenti, navigatori, user. Prima dell’avvento dell’e-commerce e diciamo anche prima della GDO.

Ora il marketing vuole tornare a parlare con te, vuole conoscere la tua storia e porre in evidenza la tua individualità. Sfida ambiziosa ai tempi del web.

In realtà la Rete, a differenza di mezzi come la televisione e i giornali, fornisce un’infinità di informazioni sui potenziali clienti. Basta saperle sfruttare.

L’obiettivo di questo tipo di marketing non è tanto attrarre nuovi clienti, quanto conoscere così bene quelli attuali da rispondere alle loro esigenze e fidelizzarli. Insomma, se quella tra massive market e clienti è la scappatella di una notte, quella che cerca di costruire il marketing 121 è una vera storia d’amore.

Il marketing one to one originariamente si compone di 4 fasi che rispondono ad altrettante domande:

  1. Chi sono i miei clienti?
  2. Come si distinguono gli uni dagli altri?
  3. Come posso entrare in contatto diretto con loro?
  4. Cosa posso offrire di perfetto per uno piuttosto che per l’altro cliente?

Attraverso il sito web aziendale si interagisce con l’utente. Dalla richiesta di informazioni su un prodotto, agli ordini, all’assistenza tecnica: tutte queste informazioni devono essere a disposizione di chi gestisce il marketing. Insieme a questi dati e alle tracce lasciate dall’utente nel web al suo passaggio. Una volta individuati i differenti cluster, cioè gruppi di clienti simili, si procede con il contatto diretto che può avvenire:

  • tramite e-mail (DEM), prediligendo gli utenti che hanno acconsentito all’invio di comunicazioni commerciali;
  • tramite comunicazioni istantanee dal proprio sito aziendale attraverso l’apertura di pop-up e finestre di dialogo. O sfruttando Telegram e la messaggistica di FB per essere sicuri di intercettare l’attenzione del cliente.

Un eccellente esempio di marketing one to one è la campagna condotta da Ferrero, “Nutella sei tu”. Nulla funziona più del nostro nome di battesimo per chiamarci in causa e farci sentire al centro dell’attenzione. Attraverso la pagina FB di Nutella è possibile richiedere l’etichetta personalizzata e farla recapitare direttamente a casa. Scelta azzeccata e sostenuta da una massiccia campagna promozionale televisiva.

Quando si parla di marketing online sembra impossibile rivolgersi all’Uno, lavorando ovviamente su numeri di clienti enormi. Quello che si deve fare è puntare a coinvolgere l’ambito emozionale e scovare tutti quegli aspetti che fanno sentire il cliente un unicum. Come se a chiamarti Marco, Giovanni, Luca, fossi solo tu che leggi e nessun altro al mondo.

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Come si gestisce l’Instant communication di un evento?

Venerdì 13 ottobre si è svolta la settima edizione dell’E-Commerce Day presso il Mirafiori Motor Village di casa FCA a Torino. Villa Consulting era presente per occuparsi di tutta l’instant communication dell’evento.

Ma come si gestisce il live posting in questi casi?

Seguire un evento e gestirne la comunicazione live non è una cosa che si improvvisa con uno smartphone tra una chat e l’altra. Come ogni cosa fatta in ottica business, va fatta con metodo e professionalità. Il perché lo si fa, lo ha spiegato molto bene il mio socio Alessandro Chiavacci che sarà con me venerdì. Già, una persona non basta per gestire la comunicazione di un intero evento di questo tipo.

La preparazione inizia appena viene annunciato il programma con gli orari degli speech:

Step n.1

Si scarica l’elenco dei relatori e si dà un’occhiata alla loro digital presence sui social. Preferibilmente si selezionano gli account aziendali e le pagine pubbliche dei soggetti, ma se il profilo personale ha un taglio professionale, si prende in considerazione anche quello.

Step n.2

In una tabella si raccolgono tutti gli account presi durante lo step 1 e si creano così i tag per i nostri live post.

Step n.3

Si crea una lista di tag utili da utilizzare nella concitazione del live tweeting. Si parte da quello ufficiale dell’evento fino a quelli argomento dei dibattiti (visibili dal programma).

Step n.4

Per Twitter ci creiamo un bella scrivania ad hoc per l’evento. Con Tweetdeck, infatti, possiamo gestire più profili contemporaneamente, seguire l’hashtag dell’evento e i dibattiti intorno all’argomento, monitorare i profili dei relatori e degli altri partecipanti per tenere d’occhio i tweet da ritwittare. Sempre con quest’App potete gestire la programmazione dei tweet. Ad esempio il primo “cinguettio” di ogni relatore può essere il titolo dello speech, accompagnato dagli hashtag dell’evento e dai tag relativi a chi parla. Come vedete, anche il live posting può essere almeno in parte pianificato.

Finite le operazioni più tecniche non resta che decidere quanto essere Push con la frequenza dei post. Per Facebook è sempre meglio andarci piano. Essendo una piattaforma dalla vocazione più emozionale che business è consigliabile accompagnare un messaggio significativo con una testimonianza video o una bella foto o grafica. E non andare mai oltre i 2 o 3 post all’ora, pena la perdita di follower! Con Twitter invece potete strafare e raccontare fedelmente ogni passo dell’evento. Le citazioni sono i tweet perfetti, ma anche un breve commento può arricchire il vostro lavoro. Per Instagram, se non riuscite a fare delle foto valide, potete mettere una pezza utilizzando una bella grafica per inserire le quote degli speaker, una a relatore può andare bene. Ovviamente gli scatti dei relatori più importanti sono sempre d’obbligo, per non parlare delle foto del ricco buffet finale: quelle mettono d’accordo tutti!

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Se la SEO non basta più mettici del tuo

Lavorando nel marketing da molti anni, ho avuto a che fare con diversi copywriter e con il tremendo spauracchio della SEO (Search Engine Optimization): una risorsa e una croce al tempo stesso.

Chi scrive per mestiere, solitamente, lo fa per passione. Ama le parole e riesce a trovare quelle perfettamente calzanti in ogni situazione, per ogni cliente, anche quando l’argomento non è dei più stimolanti. Si tratta di un lavoro di ingegno e di ricerca preliminare, di ridefinizione; lo definirei l’operato di un artigiano della parola.

Ora potete immaginare come la logica delle keywords e dei misteriosi algoritmi di ricerca abbia procurato una grande frustrazione a chi lavora con la creatività nel mondo della scrittura. Scrivere per la SEO equivale a chiedere a un pittore di fare un quadro utilizzando solo linee rette. Limitativo è un eufemismo.

Il problema è che, non solo fare SEO copywriting è noioso, ma spesso è anche poco utile per come viene fatto in molte agenzie. Per fortuna, infatti, Google e i suoi algoritmi sono molto più intelligenti di quanto pensiamo. Non basterà scrivere ripetutamente la stessa parola chiave, magari scopiazzando qua e là da contenuti altrui: questo non è copywriting e per di più Google comprenderà il giochetto e penalizzerà il contenuto in questione.

La produzione di contenuti è un’arma incredibile, soprattutto per i business di piccole e medie dimensioni. Permette un contatto diretto e genuino con l’utente, che non ama leggere testi ripetitivi e piatti. Se è vero che per essere letti bisogna essere trovati e che la scelta dei termini risulta comunque importante, altrettanto vero è che essere trovati non basta!

La SEO esiste e bisogna farci i conti. Ma quando si parla di contenuti editoriali e di content marketing, bisogna fidarsi di chi lavora sulla lingua affinché sia efficace per chi la legge, più che per chi la analizza. L’indicizzazione sta a cuore all’azienda e al copy, che vuole vedere riconosciuto il proprio lavoro ma che deve anche godere della propria autonomia. Dev’essere libero di diradare le parole chiave e sfruttare gli ornamenti della bella scrittura, perché paga; per lo stesso motivo, riceve più click uno status Facebook da 2000 caratteri piuttosto che una frase urlata e colorata. Le persone apprezzano la complessità di pensiero e si addentrano volentieri in discorsi ricchi di spunti e rimandi. Dopo aver sottovalutato i celebri algoritmi di ricerca, non sottovalutiamo anche la curiosità delle persone.

Se parliamo di copywriting si presume che ci sia un prodotto/servizio da vendere o un’azienda da far conoscere.

Chi si farebbe convincere da un testo che scade nel keyword stuffing (eccesso di ripetizioni della parola chiave) e non dice nulla di nuovo o coinvolgente?

Il rapporto cliente/azienda è oggi più che mai un rapporto di fiducia. Tra migliaia di aziende a portata di click, io scelgo quella che cura ciò che fa e lo fa per me che leggo.

Come ha detto Bill Gates:

Content is King.

E scrivere è un’arte, non un algoritmo.

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I numeri sui social: qualità o quantità?

Oggi una delle cose più importanti nel mondo digitale è il pubblico che abbiamo. Ricevere il consenso e misurare la sua consistenza, quantificare l’interesse che si riceve, sono tutti indici utilissimi che ci descrivono il successo o meno della nostra attività sul web. Anche perché, alla base delle interazioni online, c’è una componente “residua” del mondo offline: la fiducia. Infatti, soprattutto nel mondo digitale – dove l’interazione è mediata da macchine – diventa importante stabilire un rapporto basato sulla fiducia.

La quantificazione di questi indici si traduce, banalmente, in numeri. Numeri che possono tradurre una situazione reale oppure fittizia, e che quindi potrebbero potenzialmente falsare la nostra analisi. Se comprendiamo che descrivono una situazione con reale riscontro nella realtà, allora possiamo davvero trarne beneficio, sia per migliorare il tiro, sia per capire i nostri punti di forza.

Da cosa sono dati i numeri reali (o realistici)? Dall’interazione degli utenti. Se questa interazione, questa partecipazione e questo coinvolgimento derivano davvero dall’entusiasmo degli esseri umani che stanno dietro alle macchine, saranno click che condizioneranno sicuramente gli algoritmi, facendoci capire il valore del contenuto (o del prodotto) che proponiamo.

La visibilità, quindi, dev’essere ottenuta organicamente, come frutto di condivisioni e conversazioni online, cioè di click che aprono il contenuto e mostrano per questo un reale interesse degli utenti.

Non si tratta di una faccenda puramente matematica: le interazioni sono importanti per il loro livello umano. Le interazioni degli utenti, delle persone, sono la base sulla quale costruire un rapporto con loro, uno scambio che può generare l’opportunità. Non c’è insomma da elogiare troppo pagine con migliaia di follower se, in quanto a rapporti, contano invece poche interazioni. Meglio avere meno seguaci, o fan – chiamateli come volete – ma attivi, che mostrino un interesse per ciò che proponete.

Ma come si fa la differenza in un mondo social sempre più popolato? Bisogna fare un confronto fra il numero di fan e quello delle loro interazioni, fra apprezzamenti, condivisioni e commenti. I social media non rappresentano solo un mondo di numeri e bit, ai social media corrispondono ambienti e persone fisiche. È il vostro atteggiamento che definisce il successo del vostro Personal Branding.

Più penserete alle persone, più avrete da loro risultati e riscontri. Più penserete alla moltitudine di emotività dietro ai click, più vi sarà chiaro come attirarli. Aprite la vostra mente e sentirete “l’amor che move il sole e l’altre stelle”.

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Mercati esteri e Social Media

Mi piacerebbe condividere con voi una riflessione sulla connessione tra l’internazionalizzazione e i social media.

Un’azienda che ha come obiettivo il mercato mondiale non può astenersi dall’approfondire lo studio di una strategia di comunicazione legata all’utilizzo dei social media nelle varie nazioni di riferimento.

Con il termine internazionalizzazione si intende il processo attraverso il quale le aziende instaurano diverse relazioni nei paesi interessati. Diventa fondamentale perciò seguire l’andamento dei social per poter definire la strategia più adeguata alle nostre esigenze.

social media sono diventati strumenti attraverso i quali è possibile individuare ciò che un determinato target richiede a un prodotto. Possono supportare le imprese nelle fasi di inserimento nei diversi mercati, dato che alla base del loro funzionamento vi è la relazione, che ne diventa l’elemento chiave.

L’utilizzo dei social permette di accrescere la brand awareness, cioè la percezione del marchio, riducendo le incertezze e i rischi dell’ingresso nei mercati internazionali.

È necessario che le aziende investano in questi mezzi consapevoli delle effettive opportunità che offrono.

Investire nei social media significa puntare alla creazione di network internazionali creando una strategia di comunicazione attenta sia alle conversazioni sul web sia all’analisi delle ricerche attraverso i motori di ricerca, per intuire ciò che i potenziali clienti vorrebbero. Lo studio dettagliato di questi dati permette di raggiungere i target e i Paesi in cui vogliamo spingere i nostri prodotti.

Affidarsi a dei professionisti sarà fondamentale, poiché vi aiuteranno a definire gli strumenti più utili alle vostre strategie di business.

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Perché rivolgersi a dei professionisti per realizzare il proprio sito web

Un sito web è una vera e propria vetrina di presentazione per i propri prodotti e servizi.

Sia per le piccole attività che per le grandi aziende è quindi fondamentale curare questo strumento in modo adeguato, considerando anche che spesso il primo contatto con un un cliente è digitale e il sito web può determinare l’opinione su un’azienda o un professionista. In un mondo dominato dall’immagine, la scelta di acquistare un prodotto o avvalersi di un servizio sarà largamente dettata da questa opinione iniziale.

Esistono molte piattaforme online dove è possibile creare siti web con un bassissimo investimento, ma rivolgersi a dei professionisti presenta numerosi vantaggi.

Decidere di essere presente online significa esporre il proprio marchio o la propria professionalità al mondo del marketing e della comunicazione sul web, che segue regole precise. La facilità con cui gli utenti si scambiano pareri su prodotti e servizi, ad esempio, può favorire il proprio business oppure pregiudicarlo in modo importante.

Dotarsi quindi di un sito web costruito secondo determinati criteri e pensato per rispondere alle specifiche esigenze dell’azienda o del professionista significa avere a disposizione un potente strumento con il quale raggiungere la propria clientela.

Come ho detto, la realizzazione di siti web di scarsa qualità non è la scelta migliore. Può darsi che inizialmente si preferisca risparmiare o non si senta il bisogno di avere un sito web molto strutturato, ma così si rischia di incorrere in situazioni complesse e spiacevoli. Un sito web dev’essere funzionale e permettere un facile accesso ai contenuti da parte degli utenti; si tratta quindi di dotarlo di specifici requisiti da scegliere in base al tipo di attività da promuovere. Una di queste caratteristiche può essere che il sito sia responsive e che quindi le dimensioni del layout di pagina si adattino alle dimensioni dello schermo del device usato dagli utenti.

Inoltre, in un mondo sempre più visuale, è necessario che il sito web presenti la giusta dose di creatività, in modo da essere immediatamente riconoscibile e attirare l’attenzione dei potenziali clienti.

La scelta del tipo di sito da realizzare dev’essere sempre preceduta da un’attenta analisi delle esigenze di comunicazione e di vendita dell’attività che lo richiede. Per alcuni tipi di business, decidere di vendere direttamente i propri prodotti online attraverso un e-commerce può davvero essere la scelta vincente, mentre per altri la scelta migliore è dotarsi di un sito web che preveda un blog con cui diffondere notizie di settore al target di riferimento, fermo restando che il concetto di sito vetrina è sempre valido quando si vuole solo avere una presenza digitale di rappresentanza.

Qualunque sia il proprio tipo di business, rivolgersi a dei professionisti per realizzare un sito web è la scelta migliore. Dopo un’analisi attenta, infatti, si avranno a propria disposizione competenze tecniche e creative per ottenere il sito migliore per la propria attività. Il rischio, altrimenti, è di intaccare la propria immagine professionale o aziendale, mancando completamente gli obiettivi che ci si era prefissati.

Che sia un semplice sito vetrina, una presentazione digitale, un blog dove far valere la tua competenza e la tua reputazione, un e-commerce con cui creare un nuovo mercato per i tuoi prodotti, la strada è sempre una sola: fare un sito di qualità, che non sia percepito come un fondo di magazzino o un negozio in disuso.

Entreresti in un negozio o in un capannone in disuso? Faresti affari con un fornitore che ha una sede in avanzato stato di degrado?

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L’importanza del marketing legato al sales

Per un’azienda, piccola o grande che sia, fare marketing significa principalmente adottare strategie mirate a un aumento delle vendite.

Troppo spesso, invece, noto che l’attenzione si focalizza in modo preponderante sugli aspetti legati all’immagine aziendale e alla comunicazione nel suo complesso, trascurando che è altrettanto importante investire tempo e risorse per trovare strumenti con cui intercettare potenziali clienti.

Qualunque sia il mercato di riferimento, oggi un’azienda si distingue dalle altre per l’integrazione di diversi aspetti: un certo posizionamento, una strategia di comunicazione e specifici canali di vendita.

Le leve del marketing permettono non solo di sostenere un’azienda nel suo business ma soprattutto di espanderlo, tenendo presenti alcuni fattori. Innanzitutto il panorama in cui le aziende si trovano a operare è profondamente cambiato negli ultimi anni a causa di fenomeni come la globalizzazione e l’innovazione tecnologica. Non solo, per le stesse ragioni i bisogni dei clienti sono mutati e in continua evoluzione. Qualsiasi azienda è chiamata ad adattarsi a queste profonde trasformazioni, se non vuole rischiare di ritrovarsi prima o poi fuori dal mercato, non sapendo più rispondere alle esigenze del proprio tempo.

Su questi temi molto spesso le aziende dimostrano di essere carenti, anche se inconsapevolmente. Cercano di raggiungere i clienti come avveniva in passato, quando questo non è più possibile, o adottano le stesse strategie di marketing con scarsi risultati il più delle volte. È invece importante ridefinire costantemente i propri obiettivi di vendita e mantenersi aggiornati sulle strategie, per rimarcare la propria presenza sul mercato e prestare ascolto alle nuove opportunità che offre.

Per questo richiedere una consulenza a professionisti che da anni si muovono in questi nuovi contesti può consentire a un’azienda di stare sempre al passo coi tempi.