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E se tornassimo a vendere prodotti e soluzioni invece dei like?

Qualche settimana fa su Gartner for Marketers ho trovato un interessante articolo sulla centralità del cliente e su tutto quello che il marketing dovrebbe fare proprio per mettere al centro il proprio cliente.

Come al solito Gartner è sempre in grado di fare la differenza e gli spunti che si possono prendere da questo tipo di articoli sono sempre molti.

La prima cosa che mi ha colpito sicuramente è la questione del linguaggio. Il linguaggio del marketing sta lentamente alterando la nostra percezione del cliente, incoraggiandoci a pensare al cliente come un numero e non ad una persona da soddisfare.

Ogni giorno in ufficio usiamo parole come “content”, “engagement”, “conversion” ma a casa diciamo mai a nostri figli “vuoi guardare un buon contenuto su Netflix?” oppure “sei stato ingaggiato dal post di tizio”? “il tuo tasso di conversione al video di Youtube è stato adeguato?”

Scherzi a parte, ogni azienda oggi ha una “strategia di engagement” per creare “rapporti più stretti con il cliente” con una “content strategy” per rendere il proprio brand “top of mind”. “Autentiche relazioni con il cliente”, “personal branding”, “influencing”, “data driven creativity”, “channel marketing”, “integrated planning” … e si potrebbe andare avanti per ore. Tutte cose utili per il brand, ma assolutamente poco utili per il cliente.

Una persona ha circa 500 brand (ma perché li chiamo brand e non marchi, maledetto gergo del marketing!) che girano attorno alla propria quotidianità. Dal mangiare alle comunicazioni, dalla cucina alle macchine, dalla TV al tempo libero. Con quanti di questi marchi vuoi essere “ingaggiato” oggi? Con quanti di questi marchi cerchi attivamente e regolarmente informazioni da leggere, vedere, ascoltare e trovare “contenuti rilevanti”? Quanti di questi marchi sono così importanti per la tua vita da renderli “top of mind”? Con quanti di questi marchi tu vorresti investire il tuo tempo e la tua attenzione per “legarti” e costruire una “un’autentica relazione” ed essere influenzato nella tua vita?

Non so voi ma la mia risposta di pancia è … zero?

Molti marchi sono convinti della centralità del brand nei confronti dei clienti da pensare che le strategie incentrate su impression, click e conversion siano quello che il cliente cerca, senza considerare assolutamente i desideri, i bisogni e i motivi per cui un cliente compra un determinato bene. Il brand al centro è diventato il mantra del marketing oggi. Ieri il cliente era al centro, oggi pensiamo a clienti in cerchio adoranti un marchio che soddisfa i loro bisogni.

Purtroppo sempre più spesso ci dobbiamo confrontare con il fatto che tra il “mi piace” e “ti compro” c’è un abisso importante che non si scala semplicemente con il gergo del marketing. Se un cliente ti compra è perché ha bisogno del tuo prodotto, se ti sei concentrato sul “mi piace”, sul sogno, sulla “impressione” e non sei stato in grado di spiegare quali sono i bisogni a cui il tuo prodotto risponde, molto probabilmente avrai tanti click sui tuoi social, tanti accessi sul tuo sito, ma poche vendite.

Proviamo a tornare nei panni del cliente, parlare come parlano le persone normali, quelle che comprano il tuo prodotto.

·        Io, Cliente

·        con questi bisogni, desideri e motivazioni

·        in questa specifica situazione

·        che conosco il tuo marchio

·        voglio interagire con il tuo marchio per questa motivazione

·        ed ottenere questo beneficio

Sei tu il marchio che risponde a questa facile domanda?

Si può parlare per ore di “customer perspective”, di “buyer persona”, di “customer journey”, di “customer experience”, di “loyalty” e di mille altre tecnicismi del marketing ma se non siamo in grado di rispondere alla domanda qua sopra, tutto quello che stiamo facendo per il marchio è finalizzato all’ego del marchio stesso e non a “far comprare il prodotto” che visto nell’ottica dell’azienda pare trasformarsi in “vendere”.

Per quanto possa sembrare strano, il marketing non è solo comunicazione. Non è solo immagine. Non è solo like. Marketing significa “andare sul mercato” e le aziende devono tornare a capire che sul mercato ci si va con prodotti, con servizi, con qualcosa che risponde ad un bisogno e ad una domanda di un cliente, che ti paga per risolvere un suo problema.

Pensiamo come clienti. Compriamo quello che ci serve. Non quello che ci piace.

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Strategia Web

YouTube e i video saranno ancora al centro del marketing nel 2019

Come di consueto il primo post dell’anno nuovo non può che parlare di tendenze e buone intenzioni. Quest’anno però non vogliamo fare un elenco generale, ma parlarvi di un solo aspetto che caratterizzerà marketing e comunicazione in maniera preponderante: il video. Sai che novità, direte voi. In effetti non è la scoperta dell’acqua calda, ma vogliamo approfondire il topic perché i video sono destinati a rimanere sulla cresta dell’onda e a farsi spazio ancora più prepotentemente nel mondo della comunicazione commerciale.

Abbiamo già accennato a come Instagram abbia rivoluzionato il modo di fruire i video. La visualizzazione verticale, prima di tutto, ma anche le implicazioni trasversali legate alla fruizione quasi esclusivamente da mobile, stanno cambiando le regole del gioco. Cambiano gli utenti e il tipo di attenzione dedicata ai prodotti visivi a misura di social. Instagram è spesso e volentieri un riempitivo, più dell’antenato YouTube, destinato a essere fruito in metro, ai semafori e nei ritagli di tempo, anche minimi. La visualizzazione è più rapida o meno attenta, ma il numero di video caricati e di utenti attivi aumenta vertiginosamente. Conseguenze? I video non sono più lungometraggi che necessitano di molte ore di pre e post produzione. Vanno pensati, girati e pubblicati rapidamente, pena: arrivare secondi o peggio ancora, risultare non attuali, vecchi. Fortuna che esistono gli smartphone a garantire un’ottima qualità video senza necessità di grandi strumentazioni tecniche, tenendo conto, inoltre, che i video in questioni saranno nella maggior parte dei casi riprodotti su uno schermo che va dai 5 ai 7 pollici. In definitiva viene premiata la reattività, l’attualità e la veridicità del video, piuttosto che l’estetica. Questo è dovuto anche al fatto che difficilmente si tratta di prodotti simil-cinematografici, quanto più di videocommenti, o anche piccoli sketch nel caso di Instagram

Abbiamo accennato al Tubo, che molti davano per spacciato, sbagliandosi, a causa dell’avvento prima di Facebook e poi di Instagram. Ma il bello delle tendenze tech è che sono imprevedibili. E dopo l’esplosione del social network creato da Zuckerberg e la sua recente frenata, in favore di Instagram, quello che sta accadendo è un rinvigorimento della piattaforma completamente dedicata ai video, anche di lunga durata. Molti youtuber tirano un sospiro di sollievo, avendo basato la loro professione proprio su views e popolarità. Certo la concorrenza è spietata.

Ma il marketing 2019 sembra non poter fare a meno dei suoi influencer ed è disposto a investirci anche in maniera massiva. Secondo una ricerca promossa dallo IED di Milano che prende in esame la realtà italiana, è emerso che il 64% delle aziende intervistate si è rivolto nel 2018 a degli influencer: lo ha fatto l’80% delle multinazionali, il 57% delle PMI e almeno una startup su due. A chi pensa che per fare  risultati occorra per forza scomodare la Ferragni, si sbaglia! Gli influencer in Italia sono centinaia, migliaia. Non tutti hanno un seguito massivo come i top-player che chiedono decine di migliaia di euro per un unico post, ma anche gli influencer minori che si “accontentano” dei prodotti gratuiti in cambio della loro sponsorizzazione, possono dare una mano alla crescita aziendale, soprattutto per quanto riguarda brand awareness ed engagement. La pubblicità tradizionale, quella da spot televisivo (a potersela permettere) funziona solo a fronte di investimenti alti sia per la realizzazione che la messa in onda e con gli ascolti televisivi in calo, vale ancora la pena?

Al contrario sui social, ci siamo tutti. Forse ci dedichiamo solo qualche minuto al giorno e forse un po’ distrattamente, ma il bacino di utenza è immenso! Un influencer non deve per forza essere una star. Lo dice il nome stesso, deve essere una persona influente per i motivi più svariati e non è detto che il suo essere una persona “comune” non sia un punto di forza che può rendere, talvolta, più naturale e apprezzato il lavoro svolto, la recensione o la sponsorizzazione per chi ne fruisce. Inutile a volte lanciarsi in investimenti massicci e poco studiati per arrivare ai big senza avere fatto uno studio di settore. Pagare cifre assurde per far sponsorizzare da Fedez una collana di fumetti non so quanto possa essere utile perché quello cui si rivolge il rapper, sebbeno molto ampio, è un target differente dal tipico lettore di anime.

In sostanza l’IM sembra essere la chiave di volta più per quel tipo di acquisto che si effettua sull’onda dell’entusiasmo e non sugli acquisti più ragionati e impegnativi. Difficile comprare un’automobile perché la guida Ronaldo, per quanto tutto quello che lo riguarda sembri così cool! Ma resta il fatto che in tutti i settori occorre esserci. Perché? Perché ci sono tutti. E se spesso il marketing che sfrutta video e social non significa un diretto incremento delle vendite, non farlo significa invece uno svantaggio competitivo importante rispetto ai concorrenti che si fanno riconoscere anche su Instagram, ad esempio.

Insomma, nulla si improvvisa e spendere tanto non vuole dire sempre spendere bene, anzi.

L’unica cosa certa che rimane è la presenza sempre più forte del video nel 2019 appena iniziato. Video non solo per pubblicizzare, video per intrattenere, video per educare, per insegnare, per divulgare. E il videomaking, dalla sua ideazione alla sua realizzazione e propagazione, non si improvvisa. Come abbiamo detto è sempre più un’arte rapida e semplificata dalla tecnologia, ma mai semplice. Per chi ancora non ci avesse pensato, occorre esserci e preparare il proprio ingresso in campo, per non rischiare di essere messi da parte, di non essere visualizzati o condivisi e passare quindi inosservati.